di Fabio Guarini
Per la prima volta in stagione il Taranto recupera da una situazione di svantaggio. E continua a crescere, raccogliendo un punto che gli consente di galleggiare sopra la zona playout. Appuntamento col successo rimandato, forse di pari passo al momento dello sviluppo definitivo. Col Messina si poteva vincere, sull’onda emotiva agitata dal gol del pari, come perdere, se la parabola di Musacci fosse terminata pochi centimetri più in basso. Episodi emblematici di un’età intermedia, si spera non troppo lunga, in cui è fondamentale raccogliere ciò che passa.
GLI UNDICI
Stendardo è in panchina, ma nella pratica inutilizzabile. Altobello torna dietro, Pirrone soffia il posto a Bobb in mezzo, Viola e Bollino giostrano ai lati di Magnaghi: nel 3-4-3 di Prosperi c’è qualche cambio negli uomini, non nello spirito e nell’interpretazione.
4-5-1 all’inglese per Cristiano Lucarelli. La solitudine del (forte) numero 9 Pozzebon talvolta interrotta dalle corse esterne di Milinkovic e Ferri, con Foresta intermedio. I centimetri di Rea e Maccarrone dietro, la sorpresa Grifoni sul settore destro della retroguardia.
START!
Come da copione è il Taranto a prendere in mano le redini del gioco. Il Messina si raccoglie in due blocchi, uno da 4 e l’altro da 5, lasciando il solo Pozzebon oltre la linea della palla. La squadra di Prosperi manovra a ritmi bassi fino all’apertura di un varco, pronta a verticalizzazioni improvvise per accendere il trio d’attacco. Le opzioni sono due: il corridoio centrale verso Magnaghi, spalle alla porta e pronto a scambi rapidi, o le diagonali lunghe verso Bollino e Viola, chiamati a ricevere nello spazio tra le linee per combinare con la punta. Ma Lucarelli ha studiato bene gli ionici. I siciliani restano compatti, non si fanno schiacciare e costringono i locali ad alzare il pallone, consci dell’evidente superiorità nei duelli aerei della difesa giallorossa.
Il Messina impone al Taranto la costruzione del gioco tramite i difensori. Milinkovic e Ferri restano molto larghi per impedire la ricezione a García e De Giorgi. Centralmente Foresta, Musacci e Mancini sono in superiorità numerica nei confronti di Sampietro e Pirrone: uno dei due intermedi, a turno, può alzarsi spesso al fianco di Pozzebon per contrastare il difensore del Taranto in possesso. In questa diapositiva non si vedono Nigro e Altobello, Pambianchi (nel cerchio) conduce palla fino a centrocampo: Pirrone è vicino a lui, ma il capitano lancia in avanti.
IL FOCUS SUL MATCH
Il piano-gara degli ospiti riesce bene. Il Taranto ha superiorità numerica in zona arretrata per costruire, ma può farlo solo con i difensori: nelle rare circostanze in cui il giro-palla raggiunge Pirrone, il Messina si stringe centralmente spegnendo le velleità di verticalizzare del mediano ionico. Viola e Bollino non possono incidere: vengono cercati con palloni alti, finendo col perdere sistematicamente nel confronto aereo con i difensori messinesi. I rossoblù trovano le uniche occasioni del primo tempo su calci da fermo o quando i ritmi si alzano. De Giorgi impegna Berardi in due tempi con una conclusione dal limite, in una situazione di 4 vs. 4 offensivo, poi Viola calcia alto dopo il gol ospite.
Già, il gol. Assurdo, peraltro. Il rilancio dell’estremo giallorosso Berardi viene intercettato malamente da Pirrone: il tocco del centrocampista mette fuori tempo un disattento Nigro e Pozzebon va in rete dopo una corsa di 40 metri. Circostanze particolari di gioco come questa mettono in evidenza la difficoltà di giocare da adattati al ruolo di difensore: l’atto di Pirrone è incomprensibile, ma Nigro è troppo leggero nel contrasto con l’ariete ex-Avellino. Lo 0-1 ottenuto con l’unico tiro in porta dai peloritani è una punizione severa per gli uomini di Prosperi che, almeno per gli intenti, meriterebbero il parziale di parità.
La sliding door del match è al 49’. Il Taranto si lascia sorprendere da uno schema su corner: Musacci centra in pieno la traversa cercando di piazzarla, mantenendo il match aperto. Gli ionici hanno ancora molto da fare per aumentare l’efficienza sulle situazioni da fermo: esclusa la circostanza indicata, però, la zona mista proposta comincia a dare buoni frutti.
Poi il pensiero stupendo del mister rossoblù: con Lo Sicco per il compassato Pirrone, ma soprattutto Paolucci per Sampietro, si cambia schema. Nigro scala a centrocampo proprio accanto a Lo Sicco, De Giorgi e García diventano esterni bassi, Paolucci va a sinistra, Viola fa l’ombra di Magnaghi: è 4-2-3-1 (o 4-4-1-1) e, visto il tema del match, è l’idea giusta.
Nigro crea, Nigro segna. I primi vagiti del 4-2-3-1: un esterno difensivo sale, quello sul lato palla (García), lasciando la posizione al centrocampista che si abbassa per ricevere (Nigro), mentre l’altro (De Giorgi) resta basso in posizione. Lo schema porta Bollino e Paolucci a giocare molto larghi, dunque a facilitare la loro ricerca tramite aperture profonde. Nigro [immagine in alto] è bravissimo a trovare Bollino proprio con una sventagliata profonda in diagonale, il fantasista lo è altrettanto a caracollare prima di optare per il cross col piede debole. A chiudere l’azione c’è proprio il generoso centrocampista [immagine in basso], che sfrutta l’ottima chiusura verso la porta di Paolucci: arriva a fari spenti, non lo segue nessuno, e incorna per il meritato pari. Il posizionamento degli attaccanti in area è perfetto: riescono a coprire ogni spazio.
Il Taranto non ha più paura. Gol e cambio di modulo accrescono la consapevolezza. I fischi di fine primo tempo (ingenerosi) sono ricordi. Un fantastico destraccio di Lo Sicco da lontano e il piattone di Paolucci a cercare il palo lungo sono accomunati dalla stessa sorte: si spengono sul fondo, davvero di poco. Sono lampi, il Taranto c’è ma non ha consistenza in zona centrale: Magnaghi è esausto e ammaccato dagli insulti, anche Viola è senza benzina e con poche idee.
I due mister, freschi ex calciatori, mettono al bando i tatticismi. Vogliono vincere. Capua rileva l’ex di turno Mancini, ma Madonia per Ferri è la nitida dichiarazione di intenti di mister Lucarelli. Prosperi vorrebbe avere due sostituzioni: dovendo scegliere non mette il nove di scorta, preferendo la rapidità di Potenza (per Bollino) per sfruttare gli ampi spazi.
Da un’area all’altra, senza soluzione di continuità, per un finale all’assalto. Squadre lunghe e mancanza di lucidità: Taranto e Messina si precludono le chance di vittoria sbagliando le scelte negli ultimi metri. Un punto poi, tutto sommato, non è male.
FORWARD
È giusto ribadirlo: pareggiare giocandosela è sempre meglio che pareggiare sfangandola. Il Taranto di Prosperi continua a crescere, impara a conoscersi, si rafforza mentalmente. Non è un caso se la prima rimonta, pur non completa, sia arrivata sotto la nuova guida tecnica. Intrigante l’opzione 4-2-3-1, soprattutto in corsa. Lievitano gioco, idee, intensità, organizzazione. È così che si può sopperire ai limiti tecnici. È così che si può tornare alla vittoria.