di Alessandro La Tanza (alias Romanzini).
Un ex allenatore del Taranto dei primi anni 70 affermava spesso che “nel piatto del pareggio non ci avrebbe sputato mica” per far comprendere ai tanti l’importanza del pareggio soprattutto quando lo stesso viene ottenuto in trasferta. Questo devono aver pensato Prosperi & C. sabato a Siracusa, campo notoriamente ostico e statisticamente negativo nella centenaria storia del pallone nostrano, quando hanno impostato una gara mirata al conseguimento del punticino. Attenzione, il Taranto veniva da due sconfitte dolorose e mortificanti, da una situazione di classifica difficile e da un lungo periodo di assenza di gare ufficiali, tutti elementi che giustificano la necessità di tornare a casa con qualcosina nel carniere. L’atteggiamento della squadra in campo è stato pertanto in linea con il bisogno di conquistare qualcosa in terra sicula, una impostazione guardinga sul terreno di gioco mirata a bloccare tutte le iniziative dell’avversario e ad arrivare al novantesimo indenni. In effetti la porta di Maurantonio pericoli reali non ne ha corsi, fatta eccezione per un paio di circostanze maturate più per colpa del ventaccio che ha condizionato l’incontro che per la reale volontà dello stesso Siracusa di rendersi pericoloso in area rossoblù. Il pallone ha spesso disegnato traettorie incredibili, proprio a causa del vento forte, ma anche di un terreno di gioco ai limiti della decenza di cui si è lamentato anche il tecnico avversario.
Le note positive della trasferta siciliana sono venute soprattutto dalla difesa e dalla ritrovata impermeabilità della stessa, merito del recupero di gente importante come il trio composto da De Giorgi, Altobello e Stendardo, e dall’inserimento sulla sinistra di un elemento esperto come Som. L’intera squadra ha svolto la fase di non possesso sempre benissimo, anche con gli attaccanti. Prodigioso e spettacolare un recupero palla da parte di Viola nella ripresa con lo stesso capace di sradicare il pallone dai piedi di un avversario sulla fascia. Le note dolenti provengono come al solito dalla fase offensiva, dove il Taranto ha mostrato la solita carenza di idee spendibili e di azioni pericolose, anche nella ripresa quando il vento forte ha spirato in favore della squadra. I tiri in porta sono stati pochissimi, le azioni sulle fasce quasi inesistenti, i tentativi di verticalizzazione pochi, i dialoghi tra le punte assenti.
A questo Taranto sta mancando dunque una idea di gioco d’attacco e anche di fantasia nella metà campo avversaria, nonostante siano stati ben tre gli uomini d’attacco schierati dall’inizio. Bollino con il trascorrere delle giornate sembra aver perso quella fantasia e quella brillantezza che ce lo avevano fatto apprezzare all’inizio; Viola è un ragazzo interessante se fatto giocare più vicino alla porta avversaria e non come tornante, e Magnaghi per quanto criticatissimo continua a non ricevere palloni spendibili e tramutabili in gol. In questa direzione l’area tecnica dovrà lavorare bene, anche con l’aiuto di un mercato che nei prossimi otto giorni dovrebbe portarci un paio di centrocampisti e un attaccante in grado di sollevare la qualità di un gruppo chiamato a salvarsi con anticipo.
Le prossime settimane ci propongono un calendario non semplice, inaugurato dalla gara casalinga contro la Casertana e dalla trasferta di Andria. Quattro punti nelle prossime due gare permetterebbero al Taranto di allungare in classifica, di acquistare maggiore serenità, e soprattutto di affrontare le successive difficili gare contro Foggia e Catania più sicuri e determinati. Speriamo dunque che il lavoro settimanale ed il mercato possano rendere il Taranto più imprevedibile e pericoloso davanti, perché la salvezza passa dai gol realizzati, sinora pochini, e dalla capacità di non subirne, cosa nella quale siamo invece già abbastanza bravi a pieno organico.
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