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"Taras 706 a.c." il progetto per un calcio pensato in grande

Dal Corriere del Giorno 8 Aprile 2012
di Fulvio Paglialunga 

Siccome siamo a Taranto, pure una buona idea fatica per nascere. Ma le buone intenzioni sono decisamente dure a morire. Figurarsi poi se si parla di un’idea venuta a tifosi che alle sofferenze sono abituati, che quando si tratta di lottare possono esibire anni di involontario allenamento.
E’, dunque, rinata l’Associazione di Promozione Sociale “Fondazione Taras 706 a.c.”, nome e data del fondatore spirituale della città come leggenda vuole. E non è nemmeno necessario indugiare sul “ri”, ché è già passato. Qui si parla di futuro. Una cosa mai vista, o vista pochissime volte e in modo tanto raro e diradato che trovare esempi analoghi diventa complesso: l’irrazionalità del tifo che diventa fine nobile, veicolo promozionale non della squadra del momento o della proprietà di turno, ma di un’idea legata alla maglia e a una storia, magari pure dannata ma ovviamente bella. Per chi l’ha vissuta, per chi se l’è sentita raccontare e ora per chi la riceverà, come un dono, dal sudore e dalle idee di chi sceglie di sostenere «una città per troppo tempo divisa in fazioni», come si legge nella missione della Fondazione.

«Abbiamo voluto affrontare – ecco cosa c’è alla base – una scelta controcorrente, unendo sensibilità diverse, esperienze diverse, città diverse, nel segno del Taranto, l’unico soggetto che universalmente ci unisce, cercando di coinvolgere chi, come noi, vuole provare ad affrancarsi dal fatalismo e dall’indolenza».
Un moto d’amore, che non risolverà da solo i problemi della città nè ne allevierà i difetti, che non vincerà da solo la maledizione di proprietà che nascono tra gli osanna e muoiono nella diffidenza quando non nella contrapposizione. Ma che spunta come un fiore sull’asfalto arido, scrutando i nomi e avendo ben a mente la loro trasparenza e passione dei soci fondatori (27, ovviamente paganti), ascoltando le finalità: «Nome altisonante che sottende la creazione di una “Casa Taranto”, un laboratorio di idee e progetti che ha pochi obiettivi, concreti». Poi, pochi non sono. Sembrano parti di un sogno intenso, ma appaiono realizzabili perché ora esiste la struttura e quindi non sono ispirazioni estemporanee (ugualmente encomiabili, ma anche con l’inevitabile respiro corto) né decisioni prese per tamponare l’emergenza. Rispendono a un progetto, che è la diffusione del calcio, del tifo, dei colori. E ha una serie di step elencati in questi giorni uno per volta. Esempi di azione, messi in fila. «Vogliamo valorizzare a livello nazionale il brand di RespiriAMO Taranto”, al fine di sensibilizzare il più possibile le coscienze verso la questione ambientale della nostra città»; «Vogliamo che i bambini di Taranto, i nostri figli, vestano finalmente di rossoblù, che sia divulgato presso le scuole il valore etico, storico e culturale del Taranto Calcio quale senso di appartenenza all’intera comunità Tarantina»; «Operare contestualmente negli interessi dei suoi Soci ad iniziare dalla tutela e dalla salvaguardia delle libere manifestazioni del tifo in tutte le sue forme. Perchè non passi il messaggio secondo il quale “Tifare Taranto è reato”»; «Vogliamo favorire e sostenere l’ideazione e la realizzazione di un’impiantistica sportiva degna di tale nome, in una città che può vantare solo due campi di calcio: uno ogni centomila abitanti»; «Vogliamo creare una rappresentanza responsabile e democratica di tifosi Tarantini che sostengano la squadra di calcio libera espressione della Città di Taranto, fino all’eventuale futura partecipazione al capitale sociale e agli organi sociali del Club»; «Vogliamo recuperare, valorizzare, tramandare e custodire il Patrimonio Storico della nostra Tifoseria, della Storia del Taranto Calcio. Vogliamo una sede idonea per istituire il Museo del Taranto Calcio»; «Vogliamo sopportare e incentivare lo sviluppo del settore giovanile a Taranto, in particolar modo favorendo la pratica del calcio anche di ragazzi che vivono una condizione sociale disagiata nei quartieri periferici della città». Una serie di “vogliamo” che non sono richieste ad altri, ma desideri detti ad alta voce, prossimi progetti. Di gente che ha scelto di non delegare, ma di agire.
E di espandersi: presto verranno rese note le norme per l’adesione, c’è l’ambizioso obiettivo di aprire delle sedi secondarie in almeno 5 regioni e 20 province, con il sostegno dei fuorisede. Non ci sono citazioni e passaggi legati al campionato (attuale o futuro), a una partita (da giocare o giocata), a un risultato (ottenuto o da ottenere). Qui si vince sempre. E si respira un’idea di calcio che in buone mani potrà crescere anche senza guardare la categoria. Anzi, indipendentemente. Diceva Bob Marley: «Il calcio significa libertà, creatività, significa dare libero corso alla propria ispirazione». Così è, da sempre. Così sarà, da oggi.


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