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Testimoni di una fede – Uno zio molto speciale

Ex vice direttore del Corriere dello Sport. Presidente Unione Stampa Sportiva Italiana. Tarantino. Una vita per il giornalismo sportivo italiano, ma quando si parla di ricordi legati ad un pallone il pensiero corre ai colori rossoblù, a delle lunghe passeggiate tra le vie di una Taranto degli anni ’50, ad uno stadio Mazzola gremito e ad uno zio molto speciale. Luigi Ferrajolo ci racconta un giorno che non ha più dimenticato, quello in cui è diventato tifoso del Taranto. Lo stesso giorno in cui il Taranto vinse la coppa che i tifosi hanno celebrato nelle scorse settimane dopo averla riportata a casa.

Zio Mimì era uno zio molto speciale. Ogni bambino ne vorrebbe uno così. Facevamo insieme lunghissime camminate, grazie a lui ho imparato a conoscere, passo dopo passo, la mia città. Ne abbiamo consumate di scarpe, il percorso più breve prevedeva una passeggiata sino all’Arsenale, partendo da casa, in corso Umberto. Poi scendevamo da via Di Palma sino al Ponte girevole e rientravamo dal Lungomare. Grazie a lui ho conosciuto i primi tramonti mozzafiato, affacciandomi dalla ringhiera della Rotonda. Durante una di queste frequenti passeggiate, all’altezza di piazza Immacolata, mi disse all’improvviso: domenica ti porto allo stadio. Scoppiò un tumulto, anzi due: il primo nel mio cuore per l’attesa e l’emozione di questo inatteso debutto, l’altra a casa, perché mia madre sulle prime si oppose. “Sei matto, porti il bambino in quella bolgia e per ore e ore sotto il sole”. Non aveva torto, era già maggio, la città ribolliva come se fossimo in piena estate. E poi, zio Mimì aveva già deciso che saremmo andati almeno due ore prima, perché ci sarebbe stato l’esaurito al “Mazzola”.

Già, non era una partita qualsiasi. Era l’ultima di campionato contro il Parma, era la partita che poteva regalarci la serie B. Io contai i giorni, le ore e i minuti. In città non si parlava d’altro, quella frenesia collettiva mi contagiò e alla fine commosse anche mia madre, che cedette.

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La domenica per me incominciò molto presto, non stavo nella pelle, erano ancora le sette, quando venni giù dal letto. Zio Mimì passò da casa verso le dieci, mezz’ora dopo ci incamminammo verso il Mazzola. Una bella e tosta passeggiata anche questa, ma eravamo più che allenati. Notai in una tasca della sua giacca un fagotto abbastanza voluminoso. Che hai lì, gli chiesi? Sorrise: poi vedrai. Arrivammo allo stadio a mezzogiorno, c’era già molta gente, ma lui tirò dritto verso il centro della gradinata, mi portò nella zona migliore perchè riuscissi a vedere bene la partita. Il sole picchiava, dopo un po’ ero già cotto, rosso in viso, sudato, mi mancava quasi l’aria. A quel punto zio Mimì estrasse dalla tasca il misterioso fagotto: era una bottiglia col tappo a pressione nella quale aveva versato un buon litro di aranciata. Non c’erano ancora venditori di bibite o di gelati, ognuno doveva arrangiarsi. Mi attaccai a quella bottiglia con un sollievo incredibile, quasi senza dignità. Tutti mi guardarono con invidia, qualche tifoso che ci stava accanto osò chiedere a zio Mimì un sorso: beffardo ma risoluto, zio Mimì respinse tutti. “Non vedi che è per il bambino, è una medicina”. Lui non bevve una goccia, lasciò che a varie riprese io svuotassi l’intera bottiglia.

Finalmente sbucarono le maglie rossoblu, l’attesa infuocata era finita, lo stadio si accese di una passione ancora più rovente del sole che ci stordiva da ore. Incominciò LA PARTITA.

Ci capii poco, dagli umori della gente traevo indicazioni, noi attaccavamo e il Parma, che era già promosso, si difendeva, ma non mollava. Una sofferenza, sino a quando non ci pensò lui, Castignani. Ho un ricordo confuso, credo fosse un medianone di fatica, potente, molto mobile, non certo un fuoriclasse. L’arbitro ci dette una punizione, una trentina di metri dalla porta, Castignani catturò il pallone, se l’aggiustò sul fondo scuro di carbonella, e si preparò per la rincorsa. Quelli del Parma alzarono una barriera fitta, ma Castignani con un destro al tritolo superò il murò e mandò il pallone alla sinistra del portiere. Scoppiò il finimondo e all’improvviso, tra la gioia straripante, dietro quella porta, su due pennoni , qualcuno alzò uno striscione enorme con la scritta: SERIE B. Così sono diventato tifoso del Taranto.

E non finirò mai di ringraziare zio Mimì per quella domenica che non ho più dimenticato.