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Testimoni di una fede – Il raccattapalle

Il contributo di oggi è scritto da Pasquale Pignatale, che il campo l’ha vissuto dal di dentro: un calciatore delle giovanili del Taranto degli anni ’80, un ragazzo che ama l’odore dell’erba dello Iacovone, che, durante un match con il Monza, si rende conto di aver portato in prima persona il Taranto alla vittoria e all’ennesima salvezza in B.

Giocavo nel settore giovanile del Taranto: erano i primissimi anni 80. Come consuetudine molti di noi venivano reclutati la domenica per assicurare il servizio di raccattapalle. Quella domenica c’era Taranto-Monza, partita importantissima.

chiaretti_azione_monza
Chiaretti in azione in Taranto – Monza 2-1
(22/10/2011)

In estate Carelli aveva costruito uno squadrone, sulla carta, pescando dall’Ascoli dei miracoli di due anni prima, ma il nostro campionato stentava ancora a decollare e stagnavamo nella parte medio bassa della classifica. Ero sempre combattuto se accettare o meno di fare il raccattapalle la domenica. Pensavo: “Tutta quella gente… ad osservare me, come se il protagonista fossi solo io…”. Poi accettavo. “Tanto – dicevo – lo Iacovone non ha la pista di atletica intorno al campo, i palloni i giocatori spesso se li prendono da soli”.

Quella domenica, marzo inoltrato, giornata cupa, non eravamo in tanti in servizio. Io mi accomodai sulla linea laterale sotto la tribuna, dove sedeva sempre mio padre, e mi misi seduto e imboscato il più possibile. La partita era molto difficile, non si riusciva a segnare… e la mia domenica continuava ad essere tranquilla. Non avevo raccattato ancora nulla e mi guardavo bene dal farlo, come sempre: ero lì perché mi piaceva sentire l’odore dell’erbetta dello Iacovone, le voci dei giocatori, il suono del tocco di palla ed il tifo del pubblico che, dal campo, si sentiva ancora più amplificato di quanto si potesse percepire dagli spalti.

Ma alla mezzora del primo tempo, un tiro di Quadri venne ribattuto da un difensore monzese e la palla lentamente si diresse verso la linea laterale, sotto la tribuna.

QuadriLo sguardo arcigno di Quadri in maglia rossoblù,
affianco a Roccotelli, uno dei protagonisti del racconto

“Ora la prendono – dico tra me e me- ora la prendono…”

Sembrava che Quadri fosse intenzionato a rincorrere la palla: dopo tutto era più vicino lui. Ma si ferma a metà strada.

“Oddio… tocca a me…”

Le mie gambe sono ancora accavallate, sono infreddolito dall’immobilismo, resto seduto.

La testa dice di alzarmi, la palla è ormai a 10 metri e viene verso di me…

Quadri mi osserva serioso… Comincio a sentire il pubblico rumoreggiare…

Le gambe sono bloccate, non rispondono ai comandi …

Ad un certo punto da dietro la rete di recinzione sento una voce: “ooohhhhhuuuuu, no t’ muev’!”

E quel suono mi arriva come un’iniezione di adrenalina in vena, come una ventata gelida in faccia.

Mi metto in piedi di scatto.

Mi avvicino alla palla ormai a due metri.

Mi posiziono come per colpirla d’incontro, di piatto sinistro.

Il tiro è preciso, morbido, secco ed arriva esattamente sul piede destro di Caputi, pronto a battere il fallo laterale.

Ho l’impressione che il pubblico sia tutto in piedi: una standing ovation per quel mio tocco di palla… Sì, ne sono convinto, sono tutti per me quegli applausi, immagino addirittura una “ola” in mio onore.

Sulla rimessa dal fondo, Roccotelli si libera di un avversario, crossa al centro e Quadri di testa insacca alle spalle del portiere monzese.

La partita finì 2-0, ci salvammo come al solito negli ultimissimi istanti del campionato, ma la mia attuale convinzione è che all’azione di quel gol, il mio tocco di palla sia stato di importanza fondamentale!