di Marcello Fumarola
Chiedo scusa dell’uso improprio dello scritto vernacolare, ma mi è sembrato giusto prendere in prestito, per il titolo di questo appuntamento, il post con il quale un caro amico ha commentato una delle tante foto relative alle coreografie realizzate dai 500 cuori rossoblù al Viviani di Potenza. Una sintesi a mio avviso “sanguinosamente adeguata” a descrivere la vita “insalubre” e gli anni di “sofferenze” di chi ama i colori rossoblù. Senza scomodare Giovambattista Vico ed i suoi corsi e ricorsi storici, potremmo comunque ricordare, infatti, che più o meno un anno fa raccontavamo di centinaia di “novelli Noè” che salirono sulla loro arca per raggiungere, in pieno nubifragio da allerta 1, Francavilla in Sinni salvo tornarsene a casa (senza aver assistito ad una partita chiaramente ingiocabile) al grido stupendamente goliardico e folle di: “NOI VOGLIAMO GENTE CHE NUOTA”.
E come poter raccontare dell’accoglienza riservata la domenica sera, allo Iacovone, alla squadra di ritorno dalla vittoriosa trasferta di Reggio Emilia; o della partita contro l’Arezzo (ma non solo) giocata a porte chiuse ma con la Curva presente “in esterna”a sostenere per 90 minuti la vittoriosa prestazione dei rossoblù. A chi potremmo raccontare cercando un senso logico, delle migliaia di anime presenti in gradinata in occasione di un allenamento effettuato, sotto un sole cocente, prima di una partita di playoff. Chi potrebbe capire l’amore ed il senso di appartenenza che ti spingono ad esserci, anche dopo le farse subìte contro Catania e Pro Vercelli, o le delusioni di Avellino ed Ancona. Come poter spiegare a chi non soffre di questa malattia che la frase: “Angore apprisse a u’ Tarde ve?, non ha modo di esistere, perché al Taranto non si “va appresso“, il Taranto lo vivi dentro, lo soffri, lo coccoli e lo proteggi se lo vedi soffrire, ti fa imbestialire se lo scopri narciso e senz’anima. Domenica è stato uno spettacolo sugli spalti, molto meno in campo e alla fine della partita. Qualcuno ha raccontato (versioni in ogni caso non confermate) di un Favo irritato che, a fine gara, si sarebbe rivolto in modo un po’ arrogante verso i tifosi, dichiarandosi “disponibile” a dimettersi dall’incarico.
Sdrammatizzando (come al solito) anche su queste “voci di pullmann” ci verrebbe da pensare, tra i possibili sostituti dell‘attuale tecnico, magari a mister Pane (con il quale Pambianchi e Tarallo potrebbero ritrovarsi quasi…“in famiglia”) oppure a mister Dolcetti (con il quale le sconfitte risulterebbero certo meno amare) o ancora meglio a mister Cozza (di gran lunga il più “amato” dall’ambiente). Peccato che, a parte queste battutine gastronomiche, qui di culinaria (scritto tutto attaccato solo perché siamo in fascia protetta) i più esperti siamo, da troppi anni, proprio noi tifosi. Ecco perché pare legittimo chiedere (forse anche bruscamente) di tirarci fuori da questa categoria, ecco perché pare doveroso chiedere rispetto per la nostra passione. Passione che, in quanto tale, non può far rima con la logica ed il raziocinio (che non è un centromediano metodista brasiliano). Passione che, come dimostrano i fatti di giornata, porta anche a gravi conseguenze (vds le denunce post Gallipoli) o a commettere alcuni errori di valutazione, come nell‘ultimo comunicato della Curva; sicuramente condivisibile nel suo contenuto, forse un po’ meno nella decisione di astenersi per 45 lunghissimi minuti dal tifare in occasione del prossimo match casalingo contro il Grottaglie. La speranza è, in ogni caso, che nessuno si permetta di approfittare di questa passione per i propri interessi.
Da un lato, l‘attuale società che, giustamente impegnata a darsi ed a dare una credibilità e stabilità economica al progetto, non può però disconoscere l‘impellente esigenza della tifoseria di perseguire obiettivi ambiziosi che non possono prescindere dal “tentativo“ di conseguire la promozione in Lega Pro. Dall‘altro, i tanti incantatori di serpenti, quelli della “Taranto que no vales”, sempre pronti ad utilizzare le…”note”del proprio flauto ammaliatore per…“strumentalizzare“ e destabilizzare un ambiente di per sé già poco in equilibrio, ostacolando i lenti ma apprezzabili “lavori in corso“. Pericolo da scongiurare per non ritrovarsi nella mediocrità di un passato sin troppo recente per essere stato già dimenticato
Il sostegno, infatti, (così come recita tra l’altro il nuovo trascinante coro cantato lungamente al “Viviani” di Potenza) è puro e prezioso come un diamante…E proprio come un diamante, E’ PER SEMPRE!
A conclusione di questo più o meno condivisibile punto di situazione, mi ritrovo a ribadire quindi il concetto iniziale, perché: “Noi saremo sempre qua, quando il Taranto giocherà” e se anche stavolta non si dovesse vincere….”A ce l’ammà scè cundaje”?!?
Sempre per i 3 punti.
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