tratto dal Corriere del Mezzogiorno – di Davide Lattanzi
Mai così in basso. Almeno in tempi recenti. Sembra proprio che l’ultimo fallimento non sia la tappa più dolorosa del calvario calcistico di Taranto, Foggia e Brindisi: tre capoluoghi di provincia relegati nelle acque più agitate del girone H in serie D. Jonici, dauni e biancazzurri mancano l’appuntamento con la vittoria da ben due turni: domenica scorsa si è registrato il disastro completo con un en plein di sconfitte e ben 12 reti sul groppone. E pensare che le tre compagini erano partite con l’ambizione di tornare immediatamente tra i professionisti: a quota 20 punti, invece, il Foggia è distante sette lunghezze dalla zona play off, mentre il Taranto a 15 ed il Brindisi a 14 si ritrovano addirittura invischiati nei play out per evitare l’Eccellenza. Il Foggia non giocava nei dilettanti dal 1958, il Taranto dal 2000 (ma mai ritrovandosi in posizioni così critiche), mentre il Brindisi ha disputato nel 2004 addirittura il torneo di Eccellenza. Facile, tuttavia, intuire che le tre squadre siano realmentemolto vicine al punto più critico della loro lunga storia.
Perché, dunque, piazze tanto prestigiose si sono ridotte in simili condizioni? La crisi economica che divora l’Italia è l’unico motivo di un tale tracollo? I massimi dirigenti dei club provano a fornire la loro spiegazione.
«Pensavamo di incontrare le maggiori difficoltà all’inizio di questa nuova avventura», afferma Davide Pelusi, presidente del Foggia. «Invece stiamo soffrendo ora, quando ritenevamo di aver superato la maggior parte dei problemi. Non perdiamo, tuttavia, la speranza di rimontare posizioni, magari di agganciare ancora la possibilità di salire di categoria già in quest’annata. Ma non è facile districarsi tra tante zavorre. Ci ritroviamo a gestire uno stadio sproporzionato al contesto attuale, così come è complicato realizzare le aspettative dei tifosi che, giustamente, desiderano una squadra all’altezza del glorioso passato rossonero. La realtà è che lo sport in Puglia è per pochi coraggiosi: le sinergie sono inesistenti ed i costi esorbitanti. La crisi certamente incide scoraggiando l’imprenditoria ad investire nel calcio,ma non è l’unica spiegazione. Se non ci sarà un ridimensionamento delle spese, non si riuscirà mai ad uscire dal circolo vizioso che porta i club a non iscriversi ai campionati di loro competenza perchémancano le risorse per affrontarli, trovandosi con l’unica possibilità di ripartire dal basso».
«Ormai è impossibile che un singolo soggetto sia in grado da solo di avviare un progetto sportivo», dichiara Roberto Galluzzo, amministratore unico del Brindisi che proprio in queste ore sta ridefinendo il proprio assetto societario, dopo la rinuncia da parte di alcuni azionisti. «Il calcio non garantisce ritorni economici e di questi tempi le aziende, in difficoltà nel portare avanti le proprie attività, non hanno alcun interesse ad investire in questomondo. Per quanto concerne il Brindisi,mi auguro che il prima possibile si chiarisca chi voglia davvero proseguire il percorso cominciato in estate. La squadra forse ha anche risentito sul piano psicologico nell’ultimo mese (sei sconfitte in sette gare, ndc) di alcune turbolenze, ma ci sono i presupposti per risalire la china. A patto di reperire nuove risorse,magari anche attraverso l’interessamento delle istituzioni».
«In Puglia non c’è una diminuzione di passione », afferma Tonio Bongiovanni, uno dei principali azionisti del Taranto. «Ma l’unica possibilità per fare sport di primo piano è consorziarsi. Gli imprenditori devono capire che è ilmomento di unire le forze e di darsi un’organizzazione efficace. In tal modo, si potrebbero nutrire notevoli ambizioni. Il problema è che dalle nostre parti prevale il campanilismo. Almeno, è imprescindibile procedere ad una normalizzazione dei costi. Se non si attua nemmeno questa strada, in particolare il calcio è destinato a sparire dalla nostra regione che sta particolarmente patendo gli effetti della crisi. A Taranto, malgrado la consapevolezza di ciò che la piazzameriterebbe, stiamo cercando di comunicare nel modo più schietto con i tifosi: siamo ripartiti da zero e l’obiettivo stagionale è conservare la categoria. Al termine del campionato faremo gli opportuni bilanci e proveremo ad alzare il tiro per il futuro».
Realista anche l’analisi del presidente della Figc Puglia, Vito Tisci. «Vedere tre capoluoghi di provincia in interregionale fa male», dice il massimo dirigente del calcio regionale. «Ma Foggia e Taranto hanno investitomolto per ripartire dalla serie D, così come a Brindisi si sono fatti grandi sacrifici per mantenere in vita il calcio. Purtroppo gli imprenditori al momento hanno altre priorità e non possono investire sullo sport. L’unico auspicio è che l’economia nazionale riparta e che il prima possibile ne tragga benefici anche la Puglia del calcio che vive forse la fase più delicata della sua parabola agonistica»